Biografia



VENEZIA (1938-2016)

Guido Baldessari nasce il 10 febbraio 1938 a Venezia in campo S. Samuele. Fin dalla prima infanzia egli viene subito a contatto con il mondo dell'arte in quanto, accompagnando il padre che lavora per un antiquario, ha la possibilità di frequentare i pittori, i decoratori e gli intagliatori della Venezia del tempo. E tra le prime personalità che il giovane incontra al celebre bar degli artisti in campo S. Barnaba - siamo durante la metà degli anni 1950 - spicca il nome eccellente di Felice Carena, di cui egli stesso più tardi dirà essere “...come un personaggio ieratico che incute timore per via di quella barba da uomo del milleottocento”. Frequentando poi la bottega del corniciaio Aldo Bolgarelli, in calle delle Boteghe, presso campo S. Stefano, Baldessari conosce anche Neno Mori, Fioravante Seibezzi e Sergio Varagnolo, artisti che, accanto al padre, egli ascolta parlare d'arte e di pittura così intensamente da apparirgli quasi delle divinità, persone eccezionali toccate dalla grazia di Dio, che alternativamente diventano degli eroi fuoriusciti dai fumetti oppure dei sfortunati Don Chisciotte destinati, al tempo, a non godere del successo che avrebbero meritato.

Il 1954 per l'artista, che ha compiuto sedici anni, segna l'inizio della sua carriera. Acquistate le prime tele, i pennelli ed i colori, comincia a cimentarsi nella pittura, dipingendo le case ed i palazzi che vede dall'oblò dell'abbaino della sua abitazione. Sono dipinti impostati su un realismo autodidatta ma che testimoniano una spiccata attitudine creativa ed una attenzione, seppur inconscia, verso la geometria ed i volumi. Superata questa prima embrionale, ma decisiva, fase e incoraggiato dai primi risultati positivi, egli capisce di doversi dedicare totalmente all'arte.

Nel 1955, matura l'idea di ampliare il suo raggio d'azione: abbandona i panorami colti dalla propria finestra e comincia a dipingere marine, scorci della città lagunare e, in modo più assiduo, prospettive delle isole della laguna, quali Pellestrina e Burano. Questi ultimi soggetti lo attraggono maggiormente per le forme particolarmente squadrate e geometriche degli edifici (che agli occhi di oggi sono da ritenersi come le prime avvisaglie dei futuri esiti extrarealistici). Spinto dal desiderio di approfondire didatticamente la pittura, nello stesso anno si iscrive ai corsi serali dell'Istituto Statale d'Arte, nella sezione Decorazione. Qui affronta discipline quali Disegno dal Vero, diretto del professor Maragutti, in cui rappresenta solidi geometrici; Disegno Plastico, in cui riproduce copie di reperti statuari per approfondire la sua conoscenza del corpo umano; Disegno Tecnico, diretto dal professor Tonello e con il professor Pajer (futuro Preside della scuola), nel quale approfondisce scolasticamente la sua passione per la geometria. Se di sera si trova all'Istituto, durante il giorno continua la frequentazione, iniziata già col padre, degli studi dei pittori e dei laboratori di doratori, intagliatori e decoratori per aumentare questa sinergia tra scuola e creatività concreta, declinandola poi nella pittura. E tra questi formatori esterni spicca Valenzin, pittore figurativo dai tratti simbolici, che ha lo studio nei pressi della Toletta.

Tra i diciassette e i diciannove anni, Baldessari evolve ancora la sua pittura. Infatti il tema del paesaggio, basato sullo stile figurativo dal piglio geometrico, cede il passo alla natura morta dalle forme floreali, dai tratti sinuosi e dolci ed impostata su colori più espressionisti e dalle valenze drammatiche.

Diplomatosi nel giugno 1959 come Maestro d'Arte, pur continuando sempre a dipingere, su consiglio del suo insegnante Maragutti, per un anno approfondisce la sua esperienza sul piano tecnico presso lo studio di design “Alfa Studio”, nelle vicinanze di Rialto, dove realizza scritte e disegni per la pubblicità. E nel contempo si iscrive alla Scuola Libera del Nudo dell'Accademia di Belle Arti di Venezia, luogo in cui incontra e conosce gli artisti Bruno Saetti e Carmelo Zotti.

Conclusi gli studi, dal 1959 al 1960 il ventenne Baldessari lavora come decoratore presso la ditta “Ceramiche San Polo” diretta dal Prof. Rosa, dove apprende ed approfondisce l'arte della decorazione e l'uso del colori per la ceramica. Durante lo scorrere quest'anno, il vecchio genere pittorico è destinato a cambiare. L'artista, ospite di un antiquario amico del padre, nei pressi di Erta Canina (a Firenze) respira le arie toscane e ha modo di osservare le opere degli artisti storici, captandone atmosfere, luci e geometrie che poi infonderà nei suoi lavori futuri.

Nel 1960 parte per il servizio militare ed è inviato a Martina Franca in Puglia. Questo luogo modifica in modo determinante il concetto di arte in Baldessari. Infatti, nei momenti di libera uscita, mentre riproduce ad acquerello e con la matita gli stupendi trulli di Alberobello, rimane progressivamente affascinato dalle composizioni cromatiche dei sassi che compongono le pareti degli case. Tale fascinazione lo porta a tralasciare l'impostazione verista e realista, concentrandosi totalmente sul dato geometrico, ora usato come substrato per creare un mondo simbolico, da cui emergono sogni e fantasie interiori dai rimandi onirici, ma sempre legati alla colorata gamma di matrice veneziana.

Ritornato a Venezia, nei primi mesi del 1962, con questa nuova concezione pittorica, viene assunto come scenografo presso il teatro “La Fenice” di Venezia. In questo ambiente, guidato anche dall'esperienza e dalla bravura del valente professor Antonio Orlandini, docente di scenografia all'Accademia di Belle Arti della città, ha la possibilità, oltre che di poter lavorare in un ambito creativo nonché di conoscere varie e valenti personalità del mondo della cultura e dello spettacolo a livello mondiale, di incrementare le proprie conoscenze tecniche. Dunque la capacità di colmare i bisogni esecutivi per costruire emozionanti scenografie baroccheggianti, come per l' “Alcina” di F. Zeffirelli, o suggestive come per “Madre coraggio” di B. Breckt, o il “Tristano e Isotta “ di G. Manzù, gli permette di maturare una forte esperienza progettuale e realizzativa che egli usa anche per creare le sue opere nonché approfondire le ricerche in campo artistico. I maggiori arricchimenti tecnici gli derivano dalle sperimentazioni di ottica che egli ha l'occasione di svolgere durante le prove prima del debutto ufficiale delle opere, in cui può osservare le traslazioni e le rifrazioni originate dai fasci di luce che colpiscono scene ed oggetti.

L'essere stato catapultato in questo fascinoso mondo del teatro veneziano lo fa sentire come un novello Ulisse che vaga oltre le “colonne della luce”. La crescita culturale e le relazioni umane che egli ha modo di coltivare all'interno di questa fucina del sapere inevitabilmente cambiano radicalmente gli intenti culturali e creativi di Baldessari che rompe definitivamente con il passato, abbandonando la figuratività ed il realismo. L'artista inaugura una nuova stagione creativa nella quale l'elemento essenziale basilare sono le composizioni generate da “mitragliate grafiche di luce”, ordinate come una sorta di scrittura alchemica che esalta colori e costrutti. Le precedenti forme derivanti dai sassi dei trulli ora si mischiano alle grafie, ai colori ed alle luminescenze ispirati al palcoscenico, che, sotto forma di graffi, si coagulano creando all'interno del quadro strane sagome che progrediscono in tratti antropomorfici come volessero narrare in modo fantastico racconti fiabeschi, saghe e leggende.

Nel 1964 la ricerca di Baldessari fa un ulteriore progresso. Le trattazioni incantate cedono il posto alla raffigurazione di volti fantasiosi e talvolta veritieri. Non si tratta di un ripensamento verso il realismo, ma di una espressività protesa a far trionfare la matericità coloristica rispetto alla precedente scrittura, come testimoniano i suoi onirici cardinali. A metà dello stesso anno, l'artista vive un momento cruciale caratterizzato da grandi mutamenti. Infatti, pur sperimentando con le vecchie modalità, vi è in lui ancora un'altra evoluzione, dovuta al rapporto che egli, da buon veneziano, ha con il mare ed in particolare con i fondali. Da sempre appassionato di pesca subacquea, attratto dai colori e dalle fattezze di conchiglie, alghe, stelle marine ed anemoni, decide di prelevarli per inserirli all'interno di una bottiglia e poi studiarne i vitali movimenti, i riflessi ed i riverberi che la luce crea quando li colpisce ed infine riportarli sulla tela. Questi nuovi spunti visivi e, soprattutto, le nuove forme, gli permettono di inaugurare un ciclo pittorico detto “Ontogenesi”, nel quale emergono le sue estrapolazioni provenienti dalle sinuosità dinamiche e luminose di questi microcosmi.

Sempre spronato dalla necessità di andare oltre e cercare sempre, durante il 1965 compie un ulteriore scarto: le forme ricavate dall'osservazione del moto degli esseri del suo mondo marino, si stilizzano, liberandosi degli orpelli naturali, per divenire pure immagini essenziali che si inseriscono all'interno di uno spazio oramai non più pittorico, e in cui trionfa definitivamente la geometria. Quest'ultima per Baldessari assume valenze simboliche che egli sfrutta per le sue creazioni. Linee, curve, spirali, cerchi, triangoli, quadrati, esagoni sono elaborati, modificati, deformati, compenetrati e sovrapposti secondo una modalità empirica, che si ispira alla fantasia visionaria dell'artista. Egli sembra dunque agire come uno sciamano forgiatore di alchemiche immagini, composte da geometrismi dispensatori di latenti emozioni, le quali si arricchiscono di vitalizzante dinamismo grazie alla perfetta sovrapposizione di una lastra zigrinata. Si origina in tal modo un'assonanza (in cui la geometria si sottopone alla volontà del dinamismo del cristallo) la quale trasla tutto su un piano spirituale.

Forte di queste sue nuove concezioni artistiche, alla fine dello stesso anno, si avvicina al movimento artistico dell'Optical Art, o meglio, dell'arte programmata. A questo nuovo mondo creativo Baldessari vi giunge non in modo casuale: infatti esso è la meta non solo di una lunga e costante ricerca artistica, ma anche di un desiderio custodito fin da giovane che si è lentamente palesato. A confermare tale passione verso il cinetismo e le sue derivazioni, vale la pena citare un aneddoto risalente all'adolescenza dell'artista: spesse volte, ritornando dal Lido di Venezia con la motonave, egli rimaneva affascinato dalle vibrazioni cinetiche generate dalla sincronia, sia temporale che luminosa, dei riflessi prodotti dai raggi del sole che illuminavano le ringhiere verticali della terrazza del palazzo di Cà Giustinian e gli apparenti spostamenti da questa prodotti, visti dal suo punto di osservazione il quale, anch'esso, variava in base alle virate dell'imbarcazione.

Spinto dalla volontà di creare una sincronia di movimenti tra più elementi visivi perfetti, infonde vibrazione a queste forme geometriche pure, decidendo di cambiare anche materiali, tecniche esecutive e strumenti, non tanto per una mera necessità pratica, ma perché intuisce che le loro compenetrazioni ed attitudini esecutive gli permettono di metaforizzare la scienza e la tecnica rendendole poetiche, perciò liriche. Per contestualizzare culturalmente questa sua nuova modalità creativa dove il movimento è il perno fondamentale, Baldessari si avvicina al Futurismo del quale lo attrae il dinamismo, la velocità e l'anticipazione delle cose. Oltre che sul piano tematico, le opere dunque sono il frutto di un attento studio da parte dell'artista rivolto ai materiali che, magistralmente, non solo piega e modifica, ma li dirige per dare vita ad un'immagine lirica, nella quale le vibrazioni della luce permettono la generazione del dipinto. Ma l'uso della luce, oltre che al rimando cinetico, gli deriva dalla sedimentazione inconscia nella mente dei riflessi continui delle acque nei canali veneziani, esperienza quotidiana che egli viveva normalmente.

Sempre nello stesso periodo, e per un triennio, aderisce a “Dialettica delle tendenze”. Il gruppo (formato da Marilla Battilana, Sergio Bigolin, Sara Campesan, Franco Costalonga, Danilo Dordit, Jacques Engel, Oddino Guarnieri, Antonio Niero, Romano Perusini, ed altri), i cui componenti sono spesso rifiutati dalle gallerie inserite nel circolo del figurativo, ma vengono invece aiutati dalla gallerista Fiamma Vigo, si impegna, da un lato, a rinnovare il panorama culturale locale e, dall'altro, a far conoscere gli ultimi esiti della loro sperimentazione organizzando mostre in varie e rinomate località italiane ed estere.

Trascorrono circa vent'anni in cui l'artista sperimenta le innumerevoli variabili di questa sua poetica e partecipa attivamente alla vita culturale della citta di Venezia. Infatti nel 1982 fonda, in compagnia di altri artisti, il gruppo artistico “Materia Prima”. Un insieme sensibile che si pone l'obiettivo, oltre che di continuare a sperimentare, di creare interscambi culturali coinvolgendo artisti provenienti dai più disparati ambiti creativi e da varie parti del mondo. Nascono così programmate iniziative e mostre culturali in ambiti pubblici che culmineranno con la partecipazione del gruppo agli eventi collaterali di ben due Biennali d'Arte di Venezia.

Spronato da nuovi entusiasmi e dalla voglia di cambiare ancora, durante il 1984 decide di togliere il vetro che collocava sopra le opere. Questo passaggio apparentemente solo tecnico-esecutivo, in realtà testimonia nell'artista la necessità di travalicare le fascinazioni dell'optical: la dimensione percettivo-cinetica adesso diviene mentale-cosmica in cui la struttura geometrica abbandona le tensioni visive per vivere in piena armonia con il colore e l'intensità luminosa che questo emana.

Anche il 1988 è per Baldessari un altro anno foriero di importanti novità. Mai sazio di cambiamenti, sceglie di modificare l'empirismo compositivo della geometria che ordina il quadro. Decide di costruire delle sagome, ricavate da silhouette geometriche, che sovrappone sia alle forme sottostanti del dipinto, o fra di esse, le quali, aumentando le sfaccettature luminose e la vorticosa energia intrinseca dell'immagine, proiettano lo spettatore in un ulteriore universo oramai cerebrale, psichico e spirituale.

L'artista, all'interno del suo percorso filosofico, sembra essere giunto ad una essenza poetica in cui la luce, che scorre sugli sfondi neri simboleggianti l’inconscio umano, si muove vertiginosamente e infinitamente creando figure geometriche, intese come manifestazione razionale di questo io interiore, così da permettergli di misurare e coglierne l’immensità. La velocità, il colore vivo metallico che diventa quasi un flash-back, la mutevolezza spaziale generano tensioni e vibrazioni così intense che oltre a proiettare lo spettatore dentro lontanissimi spazi siderali ed a farlo roteare assieme a loro, sembrano oramai svelarci l'anima più profonda e sensibile del pittore.

Passato il primo lustro degli anni novanta, Baldessari muta nuovamente e crea il ciclo dei ritratti atemporali. Per far vibrare maggiormente il quadro sul piano estetico, arricchisce queste sue geometrie spirituali di un attento e raffinato ornato (compaiono ad esempio, giustapposte, lettere o immagini), il quale sembra essere frutto delle esperienze pregresse, iniziate dalla frequentazione dell'Istituto Statale d'Arte, ma soprattutto, del suo gusto veneziano per la decorazione che gli è innato. Infatti le opere non cadono mai nella stucchevolezza ma, al contrario, seppur vorticose, mantengono sempre un equilibrio ideale d'insieme perfetto.

Concludendo questo testo riguardante la lunga carriera artistica di Baldessari, credo sia doveroso ricordare che egli, sebbene abbia iniziato dal verismo, si sia poi fatto attrarre dalle regole della geometria e della matematica, nonché dal cinetismo. Questo perché nel suo inconscio non ha mai voluto fissarsi su un solo tema creativo ma ha sempre cercato di evolversi, di mutare provando sempre con rinnovato entusiasmo. A conferma di ciò, basti sottolineare come la sua volontà di spostare il centro visivo dei suoi quadri ha il compito di fuorviare lo spettatore, il quale è obbligato a compiere uno scarto mentale per giungere alla comprensione di questo suo disorientamento e, perciò, una sorta di spostamento interiore. Forse in ultima analisi questo desiderio di evoluzione e di movimento, per Baldessari altro non è che la testimonianza di essere vivo e di lasciare il suo personale segno tangibile.

Siro Perin



SUE OPERE SI TROVANO
Museo d’Arte Moderna di Cà Pesaro - Venezia
A.S.A.C. Archivio Storico delle Arti - Biennale di Venezia
Collezione Grafica “Bevilacqua La Masa" Fondazione
O.B.L.M. Comune di Venezia
Pinacoteca di Macerata - Macerata
Collezione “PERTINI" Museo PRIAMAR - Savona
Galleria d’Arte Moderna Palazzo Malaspina - Ascoli Piceno
Museo Civico (Sezione d’Arte Moderna) - Belluno
Museo Internazionale dell’Etichetta - Cupra Montana (AN)
Pinacoteca Museo dell’Aria – Sala della Vela Solare - Castello di S. Pelagio (PD)
"Collezione Ezra Pound" Castello di Brunnenburg - Tirolo - Merano
Museo d'Arte Moderna e dell'Informazione di Senigallia - Senigallia (AN)
e altre importanti collezioni private in Italia e all’estero.

PER INFORMAZIONI
Archivio Storico della Biennale di Venezia

GUIDO BALDESSARI
1962
Venezia